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Gli “Orizzonti” di Silvana Gatti.
Il “viaggio” ed il “mare”: due fattori precipui e paradigmi indefettibili che si palesano nella poetica artistica di Silvana Gatti. Entrambi ne rappresentano anche un “leitmotiv”, un filo conduttore, ed al contempo una chiave di lettura. Il “viaggio”, che può essere inteso e trovare interpretazione anche quale metafora della vita stessa dell’uomo, perennemente alla ricerca di una meta posta in un luogo remoto, che, in fondo, si potrebbe considerare finanche collimante con la propria anima. Un uomo alla continua ricerca del proprio sé, immaginato sotto le forme più diverse; per conseguire il quale è pronto a sottoporsi anche alle prove più dure; sovente, e certamente nel modo più inconsapevole, alla stregua di un cavaliere medievale votato alla ricerca del Graal. Il “viaggio”, che può avere carattere aulico, edificante e privilegiato, come, volendo citare un esempio, al tempo del “Grand Tour”, che aveva come traguardo essenziale l’Italia, depositaria del retaggio monumentale dell’antichità classica, greca e romana; pensando, tra gli altri, a degli “hommes de lettres” come Stendhal, acuto osservatore, indagatore dell’animo umano, il cui scopo nella vita è la ricerca della felicità ovvero a Goethe, che si diletta sottoponendo al vaglio della sua immensa cultura, comprendente i misteri della Kabbalah ed i segreti dell’alchimia, le sensazioni che ricava dal viaggio, per ipostatizzarle nei suoi scritti.
Ben più prosaicamente e semplicemente, e più in generale, il “viaggio”, per molti, anche quale ricerca di condizioni di vita migliori. E l’attualità ci introduce, nella cruda realtà dei fatti, a quella fenomenologia dei trasferimenti di massa di esseri umani, che tanto impatto ha sulla società e tanta influenza ormai esercita sulla vita di ciascuno, in merito a cui non ci sembra certo il luogo onde svolgere un’analisi circa il pur interessante tema delle cause efficienti, siano esse di natura economica, politica o geopolitica, dalle più manifeste alle più recondite, che sottendono a questi esodi migratori; i quali, in ogni caso, inducono necessariamente a riflettere sui rischi ed i pericoli gravi ed immanenti, che tanti accettano di correre proponendosi la traversata del Mediterraneo con mezzi in genere inadeguati. Il “mare”, quindi, elemento liquido ed incognito, che divide, frappone distanze, ma che può anche fungere da crogiuolo che unisce.
Ne è conscio l’uomo, fin dall’evo più antico. Già Omero, con la sua “Odissea”, e quindi con le gesta di Odisseo/Ulisse, emblema della sagacia, dello spirito di avventura, ma anche dell’amore per la scoperta, della volontà di sondare l’ignoto e della sete di conoscenza, che connotano l’animo umano, lo ha magistralmente illustrato e tramandato ai posteri.
Il Mediterraneo, il mare ritratto da Silvana Gatti, il “mare nostrum”, luogo appunto di scontro di civiltà, ma che, come la storia insegna, può diventare anche mediatore, fautore di scambi reciproci, positivi e benefici.
Il Mediterraneo, antico epicentro della civiltà della dea madre, la “Magna Mater”, stipite di tutte le divinità femminili, presenza tanto forte, da sedurre lentamente la stessa Roma virilmente guerriera dei “patres”, introducendo nel proprio pantheon Giunone e Cerere dapprima, quindi la stessa Iside nonché Cybele.
L’arte, nel suo esplicarsi attraverso l’attività dell’artista attuata per mezzo delle più diverse forme e modalità di espressione, dispiega molteplici finalità: può consistere nella volontà di evasione; nel piacere insito nel rappresentare la natura nelle sue infinite sembianze e sfumature cromatiche; ma può trovare sostanza e senso anche nella narrazione di fatti rilevanti per la società umana. Tutti questi intenti sono parimenti meritevoli, ma l’artista attento a quei fenomeni che incidono nella vita dell’uomo, attesta, a parer nostro, una sensibilità peculiare, che suggerisce profondità e nobiltà d’animo. Queste qualità sono rese manifeste, con un sapiente e preciso uso del colore ed un brillante contrasto cromatico, quindi con una colta e delicata semantica del colore, nella produzione artistica di Silvana Gatti. Osserviamo, infatti, in proposito, “L’attesa”, dove il cielo del tramonto si fa fascinosamente rosso, definendo, insieme all’azzurro del mare, la linea dell’orizzonte.
Il simbolo significato dalla tela si mostra peraltro evidente: un giovane uomo, al centro del dipinto, al tramonto, seduto sul bagnasciuga, sulla linea mediana tra l’azzurro del mare ed il rosso del cielo, volto a guardare l’orizzonte, che possiamo immaginare nell’attesa di un nuovo giorno, di un domani di speranza, apportatore di una nuova vita. Nell’opera “Alla ricerca dell’identità”, notiamo, evocato dalla piramide là raffigurata, un richiamo alla vicenda personale dell’artista, nata in Nord Africa.
Mentre è chiara la formazione culturale dell’artista, ispirata, tra l’altro, alla scuola simbolista, qui, le linee nere di contorno che separano e specificano gli oggetti raffigurati, a noi fanno ricordare molto il “cerne”, motivo usato anche nelle correnti artistiche del cloisonismo e del sintetismo. Motivo caratteristico che ci sembra di ravvisare anche in un’altra opera, l’”Albero dell’amore”.
Nelle opere di Silvana Gatti, oltre ai significati cennati, particolarmente quando descrivono il “viaggio”, ci sembra di percepire anche una sorta di “effluvio materno”, quasi un abbraccio spirituale, proteso ad avvolgere amorevolmente il viaggiatore e proteggerlo. Anche questo è un sicuro indizio della personalità dell’artista, che, contrariamente al diffuso egocentrismo (nelle sue accezioni e declinazioni di egotismo ed egoismo) che contraddistingue per molti versi la nostra epoca, invece, non cela i suoi sentimenti, tanto densi di umanità, ma, anzi, grazie alla propria arte, li trasfonde nitidamente nelle proprie opere, trasmettendoli intatti nel loro profondo significato.»
MASSIMILIANO BORDIGONI DENARO (Dicembre 2018)
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